Il progetto ASIA (Ascolto – Sostegno – Integrazione – Accompagnamento) è attivo da settembre 2020 presso Casa Circondariale di Pesaro grazie al finanziamento ricevuto dall’Ambito Territoriale Sociale n. 1; le attività previste (a sostegno dello sportello della Caritas diocesana “Non sei solo”, presente nel carcere da diversi anni) riguardano in modo particolare all’ascolto dei bisogni, sia delle persone recluse, sia degli enti coinvolti e di tutta la comunità.
Ne parliamo con Sofia Montrone, operatrice della Fondazione Caritas Pesaro per il progetto ASIA:
Sofia, parlaci del tuo percorso di studi e di come sei venuta a contatto con il progetto ASIA della Fondazione Caritas Pesaro
Sono iscritta presso l’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” e frequento la facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche. Sono venuta a contatto con questo progetto al termine del mio tirocinio presso la Casa Circondariale di Pesaro, stavo cercando qualche opportunità di poter svolgere servizio all’interno dell’Istituto e così mi è stato proposta tale iniziativa: ne sono rimasta entusiasta.
All’interno del progetto, di cosa ti occupi? Quali sono le attività che svolgi all’interno del carcere?
Mi occupo principalmente di svolgere colloqui con i detenuti, per conoscere e comprendere la loro storia e per offrire sostegno ove possibile; mi occupo inoltre, tramite l’attivazione di servizi sul territorio, di aiutare a trovare un’abitazione o occupazione per chi fosse prossimo alla fine della pena.
C’è in particolare una persona o una storia che ti ha toccato profondamente nell’incontro con i detenuti?
Diciamo che ogni storia che si ascolta ti tocca per la sua unicità e per come viene vissuta dal singolo individuo. Si entra a contatto con persone che magari hanno perso tutto o non hanno mai avuto niente, o magari si ascoltano storie di persone fragili che non hanno avuto il supporto e l’aiuto necessari per andare avanti. Non si può mai sapere che cosa porta le persone a compiere determinate scelte o imboccare determinate strade.
Come immagini il “carcere” del futuro?
Io spero vivamente che il carcere del futuro sia dotato, numericamente parlando, di più figure educative di quelle che attualmente sono presenti e che non sia più una sorta di universo parallelo al mondo esterno. Al contrario, servirebbe una maggiore apertura nei confronti della rete sociale, affinché si possano abbandonare pregiudizi e resistenze annesse nei confronti di questa struttura e delle persone che vi si trovano: più conoscenza si ha di questo “mondo” maggiori sono le possibilità di poter ottenere più opportunità di reinserimento per queste persone.
La Caritas Diocesana mette a disposizione dei detenuti della Casa Circondariale di Villa Fastiggi, Pesaro, uno Sportello d’Ascolto per promuovere la reintroduzione nella società di chi ha commesso un reato e non ha alcuna risorsa, non solo in termini economici, ma soprattutto relazionali.
Lo Sportello, aperto su richiesta, diventa un luogo di incontro e di dialogo; promuove piccoli gesti di solidarietà anche economica, previa supervisione dell’area pedagogica del carcere, e diviene un punto di riferimento per il futuro, una volta scontata la pena.